sabato 14 dicembre 2013

Roma nascosta - parte I


Il viaggio non finisce mai. [...]
Bisogna vedere ciò che non si è visto,
vedere di nuovo quel che si è già visto,
vedere in primavera quel che si è visto in estate,
vedere di giorno quel che si è visto di notte,
con il sole dove la prima volta pioveva,
vedere le messi verdi, il frutto maturo,
la pietra che ha cambiato posto, l’ombra che non c’era. Bisogna ritornare sui passi già dati
,
per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini.


J. Saramago in Viaggio in Portogallo



Il caro Saramago la sapeva lunga.
Tornare sui propri passi per scoprire luoghi non guardati.
Questo è il significato che ho dato a questo estratto.
Mia personalissima interpretazione legata ad un piacere che mi dedico appena ho un po’ di tempo libero e necessità di stare in pace con me stessa: passeggiare per le vie della splendida città in cui vivo ormai da quasi dieci anni  per scrutarne e scoprirne le piccole e grandi bellezze che sfuggono ad un occhio frenetico.
Proprio ieri passeggiavo tra Castel Sant’Angelo e piazza Navona osservando case e profumi, ascoltando sensazioni e situazioni della vita e intraprendendo percorsi differenti, esplorando strade mai battute e colori inediti e ficcando il naso nei cortili interni dei palazzi che spesso e volentirei racchiudono meraviglie nascoste.

Palazzo Taverna
Questo cortile interno ha attirato la mia attenzione percorrendo via di Monte Giordano per poi continuare in direzione Piazza Navona.

Questa zona, secondo Wikipedia,
"è una piccola altura posta nel centro di Roma nel rione Ponte, nei pressi di Ponte Sant'Angelo, formatasi probabilmente per l'accumulo di detriti provenienti dal non lontano antico scalo fluviale di Tor di Nona. È situata lungo la via omonima, prolungamento della via di Panìco, e prospiciente la via dei Coronari".
Scopro che la fontana del pittoresco cortile è del 1615 costruita da un certo A. Casoni.


Chiesa di Sant'Agnese in Agone
Continuando la mia passeggiata, arrivo in Piazza Navona e decido di entrare per la prima volta nella Chiesa di Sant’Agnese in Agone, chiesa situata proprio di fronte la fontana del Bernini - Fontana dei Quattro Fiumi* -  dalla quale due delle quattro statue, quella che rappresenta il Rio della Plata e quella che rappresenta il Nilo – sembrano proteggersi con le mani, come per ripararsi dall’imminente crollo della chiesa. In realtà questa pare essere un’interpretazione popolare della grande rivalità tra i due maggiori artisti barocchi italiani, Bernini e Borromini, questo perchè la chiesa di Sant’Agnese in Agone è stata progettata da Borromini; la credenza popolare però non coincide con i fatti, in quanto la fontana fu realizzata prima della chiesa, tra il 1648 e il 1651, mentre Borromini sopraggiunse nel cantiere di Sant'Agnese intorno al 1653. Infatti la statua rappresentante il fiume Nilo si copre il volto perché a quell'epoca non se ne conoscevano le sorgenti.

L’interno della chiesa appare molto più piccolo rispetto a quanto lo avevo immaginato dall’esterno.

Pianta a croce greca
La chiesa ha una pianta a croce greca,  i quattro corti bracci della navata, dell'abside e dei transetti, riccamente decorati con stucchi dorati nelle volte si incontrano nell'ottagono centrale, in cui si trovano quattro altari dedicati a Sant'Alessio (1° a destra), Santa Ermenziana (2° a destra), Sant'Eustachio (1° a sinistra) e Santa Cecilia (2° a sinistra), con pale marmoree e statue rispettivamente di Francesco Rossi, Leonardo Reti, Melchiorre Cafà e Antonio Raggi. I transetti sono dedicati a Sant'Agnese (a destra, con una statua di Ercole Ferrata), e a San Sebastiano (a sinistra, con una statua di Pier Paolo Campi). I pennacchi della cupola, dipinti fra il 1667 e il 1671 da Giovan Battista Gaulli detto il Baciccia, raffigurano le Quattro virtù cardinali, mentre l'affresco della cupola è di Ciro Ferri e di Sebastiano Corbellini, che lo portò a termine (Wikipedia).

Rimango incantata a osservare l’ambiente, con il naso all’insù percependo la straordinaria profondità dell’affresco che adorna l’interno della cupola.
 
Gloria del Paradiso


Continuando la mia passeggiata, arrivo nei pressi della Chiesa di Sant'Ivo alla Sapienza che si trova in corso Rinascimento, proprio di fronte la fermata dell'autobus. Questa chiesa, oggi Archivio di Stato, fu realizzata tra il 1642 e il 1660 da Borromini sulla base del progetto esistente di cortile e biblioteca. (Wikipedia).

Chiesa di Sant'Ivo alla Sapienza

L'emozione che ho provato varcando il portone aperto è stata di sorpresa e pace, come varcare la soglia di un giardino segreto dove i rumori del traffico e le folle in movimento rimangono dietro le spalle.

Silenzio, solo il rumore dei miei passi fino al centro del cortile.


*Le statue in marmo bianco che compongono la fontana hanno una dimensione maggiore di quella reale. I nudi rappresentano le allegorie dei quattro principali fiumi della Terra, uno per ciascuno dei continenti allora conosciuti, che nell'opera sono rappresentati come dei giganti in marmo che siedono appoggiati sullo scoglio centrale in travertino: il Nilo, il Gange , il Danubio e il Rio della Plata
Il Bernini nella progettazione della fontana volle conoscere e tener presente il significato della simbologia contenuta nell'obelisco egizio collocato al suo centro. Per decifrare le iscrizioni presenti sulle quattro facce si avvalse della collaborazione di Athanasius Kircher, un gesuita, colto umanista, operante in quegli anni a Roma; questi indubbiamente influenzò lo scultore con le sue teorie di stampo neoplatonico e i suoi riferimenti dotti alla sapienza egizia e caldea, alla cabala ebraica, e a molti altri ambiti culturali collegati tra loro dalla comune origine gnostico-sapienziale: ritroviamo tutti questi elementi presenti in forma simbolica nella fontana, che viene così a costituire quasi una prosecuzione delle simbologie presenti sulla stele. Kircher, come altri umanisti prima di lui, credeva in una continuità sapienziale di una linea proveniente dall'antico Egitto e dalla tradizione mosaica, passante per la cultura greco-persiana per approdare infine al cristianesimo delle origini. Nella fontana si possono riscontrare quattro nuclei tematici principali:
  • La tetrade (numeri consecutivi dall'1 al 4 sommati), simbolo numerico di matrice platonica e pitagorico- neoplatonica, di decifrazione complessa, è legato alla perfezione della creazione divina; è rappresentato dalla forma piramidale della stele, la piramide essendo una delle rappresentazioni della tetrade.
  • La polarità dicotomica. Forma speculativa di origine gnostica e manichea, viene svolta nella fontana sotto forma di coppie di opposti, rimandanti alla coppia originaria bene/male. Le due coppie più evidenti sono:
    • Luce/Buio: principale nucleo di senso dell'opera, è legato alla stessa forma dell'obelisco, rimandante a un raggio di luce, collocato in modo contrapposto alle tenebre rappresentate dalla caverna sotto la stele. Questa linea di pensiero proviene in particolare dall'emanazionismo di Plotino e da Cusano.
    • Piena/Secca: dialettica presente nella tradizione mosaica (episodio biblico delle vacche magre e delle vacche grasse) ed egiziana. Il leone della fontana che lambisce l'acqua con la lingua, modellato sulle statue di Moptha, il dio leone, presenti nei templi egizi con la funzione di "nilometro", simboleggia l'alternanza abbondanza/carestia dovuta alla ciclicità delle piene del Nilo. La carestia, la distruzione, è rappresentata dall'ippopotamo, sostituito nella fontana, con uno stratagemma linguistico, dal cavallo (ippopotamo=cavallo di fiume), simbolo di Tifone, il vento arido che distrugge i raccolti.
  • L'uovo di Zoroastro. Schema cosmologico di forma ellissoidale, rappresentante l'azione nella cosmogonia dei principi opposti di luce e ombra. La pianta della fontana ricalca la morfologia dell'uovo: da questa riprende l'andamento ellissoidale e la collocazione del sole/obelisco, al centro. All'uovo di Zoroastro riportano inoltre le altre numerose simbologie riconducibili alla dicotomia luce/ombra.
  • La colomba. Allo stesso tempo simbolo dello Spirito Santo e stemma del pontefice Innocenzo X Pamphilij, che aveva commissionato la fontana, vuole sottolineare come il culmine della sapienza racchiusa nella simbologia della fontana, proveniente dall'Egitto ermetico e dalla Persia zoroastriana, è la rivelazione cristiana, posta in sostanziale continuità con quelle antiche forme di gnosi. (Wikipedia)

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